Alcuni elementi di “Psicologia del Conflitto”

«In ogni conflitto le manovre regolari portano allo scontro, quelle imprevedibili… conducono alla vittoria»

(Sun Tzu, L’arte della guerra)

 

Viviamo in un mondo in cui lo spirito di competizione,  il “farsi valere” e persino una certa aggressività (anche gratuita) vengono spesso apprezzate come qualità necessarie per “emergere”. Capita quindi spesso, nei contesti più diversi, di subire delle vere e proprie aggressioni verbali oppure dei tentativi di prevaricazione. Molto spesso in questi casi si perde la pazienza e, per motivi anche futili (una precedenza non data, una fila in banca non rispettata, un posteggio conteso) si rischia di “venire alle mani”.

Conflitti e comportamenti

Chi studia le discipline marziali  non può non essere interessato alla  “psicologia del conflitto”, che non serve soltanto a saggiare le possibilità di uno scontro fisico ma anche a risolvere un banale screzio o a normalizzare un rapporto interpersonale particolarmente “ruvido”. Il “saper combattere”, o il “sapersi difendere” sono qualità che possono essere esercitate anche verbalmente,  avendo a cuore l’incolumità fisica propria e del prossimo (o, quanto meno, il timore del codice penale). 

La capacità di “gestire uno scontro significa essenzialmente “disinnescarlo”, attraverso strumenti “psicologici” e “comportamentali” come quelli che andiamo ad analizzare.

I conflitti interpersonali, che nascono in ambito sociale, familiare o lavorativo, generalmente possono essere risolti attraverso  atteggiamenti ponderati adatti a ogni tipo di situazione. Ne citiamo quattro.

1. Elusione: abbandoniamo la scena per fare calmare le acque  (non è detto però che lo scontro non si ripresenti…);

2. Compiacenza: si esprime disponibilità ad ascoltare le ragioni degli altri (si rischia però di mortificare le proprie);

3. Compromesso: ognuno cede su qualcosa (ma non è detto che il rancore e il senso di rivalsa vengano totalmente rimossi);

4. Confronto costruttivo: si esprime il proprio punto di vista e ci si impegna di comune accordo a trovare un soluzione soddisfacente per entrambi.

Queste quattro possibilità nascono dalla diversa combinazione di due caratteristiche del comportamento:

l’Assertività (la capacità di farsi valere, magari attraverso la persuasione)

– la Cooperazione (l’azione comune tesa a raggiungere uno scopo condivisibile).

L’Elusione è contraddistinta da bassa Assertività e bassa Cooperazione; di contro, il Confronto costruttivo incarna un’alta Assertività e un grande spirito di Cooperazione.

Qualunque contesa, disputa o contrasto, se ben gestiti, non comportano strascichi di risentimento e non degenerano nell’indifferenza o, peggio, in rotture insanabili. 

Quando viene ricomposto, un conflitto sanato può invece migliorare il sentimento di fiducia tra gli interlocutori, rafforzandone il legame personale.

Le posizioni esistenziali 

Senza volerci addentrare in discorsi troppo “scientifici”, ricordiamo che un aiuto pratico nella gestione dei rapporti e dei potenziali conflitti interpersonali ci viene dall’Analisi Transazionale, un approccio psicologico che può essere considerato come un’evoluzione, in senso relazionale, della psicoanalisi freudiana.

Secondo l’Analisi Transazionale, le posizioni esistenziali all’interno di una qualsiasi relazione sono quattro, e rappresentano il modo come una persona vede sé e gli altri. I segni + (“più”) e – (“meno”), che riportiamo nel seguente schema, indicano un’asserzione positiva o negativa riferita alla posizione esistenziale:

  • Io sono OK; tu sei OK: + + (posizione esistenziale sana, che induce ad un comportamento assertivo)
  • Io sono OK; tu NON sei OK: + – (comportamento aggressivo)
  • Io NON sono OK; tu sei OK: – + (comportamento passivo o servile)
  • Io NON sono OK; tu NON sei OK: – – (cinismo)

Inutile dire che l’unico tipo di relazione che non degenera nella conflittualità è il primo (+ +: io sono OK tu sei OK). Cosa si fa, allora, quando sento che l’altro è in torto? Cerco di sminuire il suo disagio, senza mostrare aggressività e risentimento provando (o addirittura fingendo) di capire le sue ragioni (per quanto opinabili).

Cosa fare invece se sono io a non sentirmi OK, nel senso che in cuor mio so di aver sbagliato? Rinuncio al mio orgoglio e faccio ammenda, un atto di umiltà che devo però avvertire come un riconoscimento della mia rettitudine e non una mortificazione della mia dignità.

Comportamenti imprevedibili

Se i metodi che abbiamo proposto non dovessero però funzionare, esiste (come extrema ratio) un’ulteriore strategia, che può essere vincente allorché tutte le altre “mosse” sono miseramente fallite: provate a “sorprendere” il vostro avversario con un gesto inaspettato, piacevole o lusinghiero.

Non vi stiamo invitando a scadere nella piaggeria, e neppure a offrire biglietti gratis dello stadio o del cinema (anche se… non si sa mai). Il gesto lusinghiero può venire, piuttosto, da una vostra “richiesta” di aiuto o di supporto, sollecitando collaborazione e solidarietà.

Certo, le possibilità di essere mandati a quel paese sono consistenti. Però è anche possibile che il vostro momentaneo “nemico” (coniuge, suocero, fidanzato, coinquilino, collega d’ufficio, ecc.) legga la vostra richiesta come un riconoscimento del suo RUOLO, del suo VALORE: ne rimarrà quindi “gratificato”, “spiazzato” e, possibilmente, “soggiogato”. Potremmo cogliere quindi una vittoria insperata, proprio come aveva teorizzato Sun Tzu.

 

 

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